Pubblicato il 12 novembre 2018 · Categorie: Comunicazioni
CEI

 dal sito :https://www.chiesadimilano.it 

«Le attività sociali svolte dalla Chiesa cattolica trovano anche in questa sentenza un adeguato riconoscimento da parte della Corte di Giustizia Europea. La Corte, infatti, conferma la legittimità dell’Imu – introdotta nel 2012 – che prevede l’esenzione dell’imposta, quando le attività sono svolte in modalità non commerciale, quindi senza lucro». Così monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei, commenta la sentenza con cui la stessa Corte ha annullato la decisione della Commissione, che rinunciava a ordinare il recupero di aiuti concessi dall’Italia sotto forma di esenzione dall’imposta comunale sugli immobili (Ici).

I giudici di Lussemburgo, in particolare, hanno annullato la decisione della Commissione del 19 dicembre 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano sancito «l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative» nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi, tra i quali quelli appartenenti a confessioni religiose riconosciute dallo Stato italiano (quindi anche alla Chiesa cattolica, ma non solo) e quelli legati al no profit. I giudici hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano mere «difficoltà interne» all’Italia. A presentare ricorso alla Corte di giustizia erano stati l’Istituto d’insegnamento privato Scuola elementare Maria Montessori e Pietro Ferracci, proprietario di un bed & breakfast, che chiedevano al Tribunale Ue di annullare la decisione della Commissione sostenendo che – si legge in un comunicato della Corte – «tale decisione li ha posti in una situazione di svantaggio concorrenziale rispetto agli enti ecclesiastici o religiosi situati nelle immediate vicinanze che esercitavano attività simili alle loro e potevano beneficiare delle esenzioni fiscali in questione». La Corte di giustizia ha ritenuto invece legittime le esenzioni dall’Imu (imposta succeduta all’Ici) introdotte dal governo Monti, anch’esse oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti.

«La sentenza odierna rileva che la Commissione avrebbe dovuto condurre una verifica più minuziosa circa l’effettiva impossibilità dello Stato italiano di recuperare le somme eventualmente dovute nel periodo 2006-2011 – aggiunge Russo -. Le attività potenzialmente coinvolte sono numerose e spaziano da quelle assistenziali e sanitarie a quelle culturali e formative; attività, tra l’altro, che non riguardano semplicemente gli enti della Chiesa. Abbiamo ripetuto più volte in questi anni che chi svolge un’attività in forma commerciale – per esempio, di tipo alberghiero – è tenuto, come tutti, a pagare i tributi. Senza eccezione e senza sconti. Detto questo, è necessario distinguere la natura e le modalità con cui le attività sono condotte. Una diversa interpretazione, oltre che essere sbagliata, comprometterebbe tutta una serie di servizi, che vanno a favore dell’intera collettività».

 

 

 

 

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