di Ylenia SPINELLI (dal sito : http://www.chiesadimilano.it)
Beretta don Emanuele (B.V. Assunta in Bruzzano, Milano), Brambilla don Davide (S. Giuseppe, Cinisello Balsamo), Casiraghi don Beniamino (S. Giovanni Evangelista, Albiate), Cesana don Marco (S. Maria B.V. Assunta in Sala al Barro – Galbiate), Ferrari don Marco (SS. Martino e Antonio Abate, Ferno), Galli don Michele (S. Margherita, Albese con Cassano), Marcari don Alessio (S. Maria Solaro, Mozzate), Nocera don Andrea (S. Croce, Gazzada), Tedesco don Alberto Maria (S. Giulio, Castellanza)
Nove. Solo nove. È dal 1918 che non si vedeva un numero così basso tra i candidati al presbiterato: allora erano in otto, ma c’era una guerra mondiale in corso. Un dato che suscita domande e forse anche un po’ di preoccupazione, soprattutto se messo in relazione alle necessità di una Diocesi grande come quella ambrosiana. Ma, come ha ricordato papa Francesco alle religiose, durante la sua visita milanese il 25 marzo scorso: «Le nostre congregazioni (e il presbiterio, potremmo aggiungere) non sono nate per essere la massa, ma un po’ di sale e un po’ di lievito, che avrebbe dato il proprio contributo perché la massa crescesse». Inoltre il Santo Padre ha ribadito: «Pochi sì, rassegnati no».
«Io non ne faccio una questione di numeri – dice il rettore del Seminario monsignor Michele Di Tolve -, la nostra Chiesa sta imparando a porre la questione sulla qualità dei presbiteri, dei diaconi, di tutti gli operatori pastorali, delle famiglie. Certo che dobbiamo impegnare tutte le nostre energie per annunciare il Vangelo. A noi tocca seminare con larghezza di cuore e abbondantemente, liberi dall’esito come ci ricorda continuamente il nostro Arcivescovo. Inoltre vorrei sottolineare che non basta che Dio chiami e che venga seminato il Vangelo, è necessaria una risposta. Non dimentichiamo mai che la libertà umana rimane sempre un mistero».
E così è con grande gioia che i nove futuri preti si apprestano alla loro ordinazione, che avverrà sabato 10 giugno, durante una solenne cerimonia nel Duomo di Milano, a partire dalle 9 (diretta su Chiesa Tv, Radio Mater e www.chiesadimilano.it). Davanti all’arcivescovo Angelo Scola e a tutta la Chiesa ambrosiana i diaconi diranno il loro “sì” fiducioso al Signore, chiedendogli la grazia di perseverare nella missione loro affidata «Con amore che non conosce confini», come recita il loro motto tratto dal Vere Sanctusdella Preghiera eucaristica VI.
Come sempre, i futuri preti rappresentano uno spaccato della nostra società e hanno alle spalle origini, storie, percorsi lavorativi e di studio differenti. Quattro su nove provengono dalla provincia di Varese e sempre quattro su nove hanno una laurea in tasca: in Scienze dei beni culturali, in Scienze economiche aziendali, in Scienze storiche e in Giurisprudenza. È questo il caso di Alberto Tedesco, che ha 40 anni ed è il più grande della classe; dopo otto anni come legale amministrativo, è entrato in Seminario. Marco Ferrari è invece il più giovane e non ha ancora compiuto i 25 anni; ha fatto il chierichetto, l’animatore e il catechista fino ad accorgersi che «servire la Chiesa e dare la vita per Gesù lo avrebbe reso davvero felice».
Anche Alessio Marcari ha fatto l’animatore, il responsabile del gruppo chierichetti e l’educatore dei preadolescenti e proprio dentro questo servizio concreto alla comunità cristiana ha «intuito che il Signore lo stesse chiamando a seguirlo sulla strada del sacerdozio».
Ognuno poi ha le sue passioni: per Beniamino Casiraghi sono la musica e le camminate, mentre per Davide Brambilla si riassumono nel cinema che, come lui stesso sottolinea, «gli ha donato una grande sensibilità nel leggere la realtà». In Seminario Brambilla ha proposto ai suoi compagni di studio tanti film, che si sono rivelati molto utili al discernimento e alla riflessione personale; inoltre su Fiaccolina, la rivista per i chierichetti e per tutti i ragazzi a cura dell’associazione Amici del Seminario, per diversi anni ha curato la rubrica Ciak suggerendo pellicole capaci di affrontare diversi temi legati all’attualità.
Ognuno poi ha i propri punti di riferimento vocazionali e se per Marco Cesana e Andrea Nocera sono stati in particolar modo la famiglia e i preti della parrocchia, per Emanuele Beretta molto significativo, come lui stesso ricorda, è stato uno scritto consegnatogli dal cardinale Cardo Maria Martini con questo invito: «Affido a te giovane un versetto della Scrittura, perché tu lo legga, lo mediti e lo custodisca (…) ad essa dovrai sempre ispirarti per edificarlo secondo il disegno del Signore: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”».
Michele Galli, dopo aver frequentato il liceo Scientifico, ha lavorato per quasi otto anni come impiegato amministrativo allo Yacht Club di Como e per un po’ di tempo ha avuto una ragazza, pensando che la sua vocazione fosse quella al matrimonio, fino a quando, dopo un lungo cammino di discernimento, a 26 anni ha deciso di entrare in Seminario.
Ecco dunque nove spaccati di vite, riassunte forse troppo approssimativamente, ma che ci fanno comprendere i tanti volti di una medesima vocazione, di una chiamata che si concretizzerà il 10 giugno.
A quella data i nove futuri preti arriveranno dopo una settimana di ritiro presso i Padri Oblati di Rho, che si aprirà la sera di domenica 4 giugno con un momento di preghiera insieme ai genitori. Poi le giornate saranno cadenzate dal silenzio e dalle meditazioni di monsignor Pierantonio Tremolada.
Oltre al motto, che rimanda a una grande e disarmante verità, ovvero che l’amore di Cristo è incommensurabile, ad accompagnare i futuri preti in vista dell’ordinazione c’è l’immagine che loro stessi hanno scelto per riassumere la loro missione. Si tratta della crocifissione dell’artista contemporaneo Nicola Samorì, tratta dal nuovo Evangeliario ambrosiano, dono alla Diocesi del cardinale Dionigi Tettamanzi, alla fine del suo episcopato.
Il corpo di Cristo emerge dall’oscurità: dalle tenebre affiora la luce, per fenderla, squarciarla. È un’immagine di sospensione, di mistero. Un’irruzione di luce al cuore dell’oscurità. L’impegno dei futuri preti è infatti quello di portare la luce del Crocifisso risorto anche nei luoghi più bui, nelle periferie più desolate e testimoniare così che l’amore vero, quello di Gesù, non conosce confini.
«Forse il nostro numero non è quello che tanta gente si aspetterebbe – conclude il diacono Galli, facendosi portavoce dei suoi compagni -, ma il nostro desiderio di corrispondere alla volontà del Padre su di noi nel conformarci a Lui, divenendo presbiteri per il suo popolo, è quanto di più vero, genuino e profondo possiamo offrire».