Agnesi: «Nel suono delle campane la voce di un popolo in cammino»
«È un modo per sottolineare la vicinanza spirituale degli uni agli altri, Per questo possono, anzi devono essere suonate ogni giorno»: il Vicario generale rilancia la richiesta dell’Arcivescovo e suggerisce anche orari e occasioni specifiche
di Annamaria BRACCINI
Suonare le campane per sentirsi comunità. In un tempo calamitoso in cui, giustamente, si canta dai balconi, ci si dà appuntamento tra i davanzali per fare sentire, tutti insieme, la propria voce, l’invito che l’Arcivescovo rivolge ai parroci dell’intera Diocesi, parla, diretto, a ogni credente, come osserva il Vicario generale, monsignor Franco Agnesi.
È questa la logica che muove la richiesta dell’Arcivescovo?
Sì, come avveniva un tempo – e, specie nei paesi più piccoli, accade ancora oggi – il suono delle campane è, insieme, ricordare la nostra appartenenza, la tradizione che ci contraddistingue e dire la presenza ecclesiale diffusa capillarmente sul territorio. Nei secoli, attraverso lo scampanìo, si segnavano le ore, si ritmava il lavoro, si veniva chiamati a raccolta, si davano annunci, ci si raccoglieva in preghiera per un evento luttuoso o felice. In queste settimane, dove non si può essere fisicamente vicini o riunirsi nelle chiese, suonare le campane può divenire un modo per sottolineare la vicinanza spirituale degli uni agli altri – a ogni altro – anche a chi, magari, pur in momenti normali, è fragile, solo, in difficoltà.
Un suono amico…
Certamente. È un mezzo che ogni nostra realtà ha a disposizione e utilizzabile con grande facilità. È anche un segno di fiducia, di speranza, di affidamento al Signore che proviene dalla sua stessa casa: la chiesa, la parrocchia, la Comunità pastorale. Per i sacerdoti può essere l’emblema vivo e sonoro della prossimità alla gente. È giusto e molto bello che si moltiplichino i contatti sui social, che i preti inventino nuove forme pastorali di presenza a distanza, con la fantasia e quel grande impegno pastorale che caratterizza il clero ambrosiano, come ha sottolineato anche il Papa nell’Angelus della III Domenica di Quaresima. Ma non siamo solo social, siamo qualcosa di più, siamo società, siamo Chiesa, siamo un popolo in cammino.
Da qui l’appello – anzi, gli appelli – venuti dall’Arcivescovo…
Il Vescovo aveva già sottolineato il gesto di suonare le campane, nel suo video messaggio rivolto a tutta la Diocesi nei giorni scorsi, e lo ha ripetuto ancora nelle celebrazioni domenicali di Quaresima.
Si prevedono giorni o orari specifici?
Come ha detto l’Arcivescovo, sicuramente la domenica, a mezzogiorno, ma si potrebbe anche ricordare, con le scampanate, l’orario della Messa normalmente più frequentata dalla comunità dei fedeli nel giorno di festa. Tuttavia le campane possono – devono – essere suonate ogni giorno. Scelga il parroco o il responsabile di Comunità, qualche ora significativa, diciamo così, per un appuntamento “dal campanile”. Si evidenzi, con rintocchi alle 15 del venerdì, il ricordo della morte di Gesù e si inviti alla preghiera comune, nelle case, quando suonano le campane del mattino, del mezzogiorno e della sera nei giorni feriali. Dovendo rimanere nelle abitazioni e col silenzio che ormai ci circonda, tutti sentiranno. Per chi non avesse il campanile, si possono usare gli strumenti che sono in già in uso alla parrocchia. Magari non ne verrà un gran suono, ma colpirà il cuore.
Appunto i campanili, spesso simbolo, nel gergo comune, di un’identità nativa, spezzettata e rivendicata con passione, possono ridiventare il simbolo di una coralità condivisa?
Possiamo immaginare che questo concerto fatto di migliaia di tonalità, ma di un unico strumento – le campane, appunto – sia come uno stringersi attorno alla guglia maggiore del Duomo con la Madonnina, che proprio come i campanili, in paesi e città, è simbolo della nostra storia millenaria.