Pubblicato il 20 marzo 2020 · Categorie: Comunicazioni
curato campagna

“DIARIO DI UN CURATO DI CAMPAGNA IN TEMPO DI CORONAVIRUS”

 

 

Questi giorni strani, per certi versi un po’ sospesi, dentro un tempo “che non sembra un tempo”, ma quasi un brutto sogno, ci portano a fermarci a pensare seriamente al senso della vita stessa, che è dono e grazia preziosa. Essa ci può essere chiesta in ogni momento; l’emergenza per il coronavirus può “rubarcela” nel giro di qualche giorno e soprattutto senza la presenza e la vicinanza dei familiari più stretti. E nemmeno del funerale. Non la sto “mettendo giù dura”, non è un film o un’ipotesi vaga e lontana, ma realtà quotidiana si vive a livello globale. E qui da noi in Lombardia più che altrove: nei nostri ospedali in modo impressionante e quotidiano è in corso una vera e propria “guerra” contro questo male. Si capisce e va preso sul serio il richiamo pressante di chi ci governa a livello nazionale e locale a restare in casa per limitare i rischi di contagio. Questa indicazione è ancora disattesa e spesso per cose inutili: chiacchiere in giro a gruppetti, file non al supermercato o in farmacia, ma per comprare i gratta e vinci o per giocare alle macchinette…: forse alcuni ancora non hanno compreso fino in fondo cosa stiamo vivendo.

 

“E in questi giorni tu cosa fai, don?”. È la domanda che qualcuno, incrociato fugacemente sulla porta della Chiesa mi ha posto, mantenendo la debita distanza di sicurezza. La comunità cristiana non è un’azienda erogatrice “di servizi attinenti al sacro”, ma realtà che trova il suo punto di forza certamente nel convenire per la preghiera, la cura della fede e della persona, la carità, la crescita e il cammino comune, il tutto vissuto “nel nome di Gesù”. Noi preti siamo chiamati a vivere tutti questo dentro gli incontri e le relazioni con voi che ci siete affidati: in questi giorni è certamente più difficile vivere e garantire tutto questi, date le circostanze. Così anche un prete – come tutti – si reinventa la quotidianità, in quanto messo di fronte più che al FARE quotidiano (e spesso frenetico), al proprio ESSERE più vero e profondo che talvolta si può correre il rischio di dimenticare: noi siamo uomini di Dio. Così mi è facile stravolgere il famoso detto cartesiano “Cogito ergo sum – penso dunque sono, esisto”, in “PREGO, CONSOLO, INCORAGGIO E COSÌ CI SONO”.

 

In questa stagione strana, tempo di Quaresima inusuale ecco la realtà quotidiana che occupa la maggior parte della giornata. Altro che dire: “Non sembra nemmeno Quaresima!”. Questi sono giorni dove lo spazio della preghiera si è dilatato quasi come nei tempi degli esercizi spirituali, più disteso e qualitativamente significativo, con anche qualche occasione ulteriore per alcune letture e approfondimenti. Ma, in particolare, avverto che la dimensione della preghiera che mi fa sentire realmente uomo di Dio e della Chiesa è quella dell’intercessione: noi preti siamo credenti e battezzati come tutti i cristiani e per ministero posti “non sopra, non al comando”, ma “in mezzo” al nostro popolo. Così – nella preghiera – mi sento proprio tra voi e Dio: lo vivo quotidianamente quando celebro l’Eucarestia pregando per tutti e in particolare nella preghiera del Rosario. Mai come in questi giorni faccio pellegrinaggi (autorizzati: è per lavoro…): quotidianamente nelle Chiese dove è ospitata la statua della Madonna della Selva che da oggi è in Chiesa a Santa Maria Assunta fino a sabato 28 marzo. E mentre cammino per le strade di Fagnano guardo le case, prego e penso alle famiglie che le abitano: dopo 5 anni, almeno una volta sono entrato da tutti. Tanti volti e persone, sguardi e storie, gioie e dolori: alla Madre di Dio affido tutti perché vi sollevi in alto, consegnando ognuno al Suo Figlio che accoglie, sostiene e avvolge nel suo amore. Poi le giornate continuano, pensando, scrivendo, preparando i sussidi e le preghiere che trovate sul sito della Comunità e nelle Chiese, che possono essere utili, per la preghiera dei piccoli, dei grandi, di giovani e anziani.

 

E non mancano alcuni contatti: non potendo correre il rischio di visitare i malati casa per casa (eccetto in caso di pericolo di vita o per una benedizione in caso di morte), non è mancata in questa scorsa settimana una telefonata ai malati della Comunità Pastorale, per dare una parola di speranza e vicinanza, di incoraggiamento e affetto, unite alla promessa di una preghiera. C’è l’accoglienza al cimitero di chi muore, perché – non solo a causa del coronavirus – ma anche in questi giorni non manca chi ritorna al Padre. E certamente si soffre nel vivere questo momento soltanto nella forma del rito di benedizione della tomba e della preghiera di sepoltura. Purtroppo l’epidemia in corso non ci permette di offrire nemmeno una stretta di mano, un abbraccio, e anche quel conforto che la celebrazione Eucaristica è capace di compiere e consegnare nel momento del dolore e del distacco. In questi giorni anche noi preti custodiamo le relazioni con i nostri cari, gli amici preti, i laici e le famiglie.

 

Se è vero che non possiamo in questo tempo ritrovarci, non mancano però telefonate, mail, videochiamate, che riescono ad esprimere – pur con i limiti del caso – quell’affetto e attenzione di cui ci sappiamo circondati e che fanno bene al cuore di tutti e al nostro ministero. Ci stiamo attivando anche per una comunicazione via web, troverete notizie negli avvisi più sotto. Insomma: viviamo davvero un tempo diverso, una Quaresima e una Pasqua per certi versi indimenticabili, dove ci viene chiesta più umiltà e umanità, purificazione del cuore, degli affetti, dei desideri, più responsabilità umana e cristiana nelle nostre scelte. Davvero la nostra vita non potrà più essere come prima, sotto tanti i punti di vista, e questo varrà per tutti. Dobbiamo cominciare a pensare che quel “prego, consolo, incoraggio e così ci sono” forse può diventare la regola di vita non solo del prete, ma anche del cristiano oggi, in tempo di coronavirus. Essa sta dentro la nostra identità di amici di Gesù, che anzitutto proprio nella relazione con Lui (questa è la preghiera) si sforzano – ciascuno secondo la propria vocazione – di rendere più bella e vera la vita, le cose, gli affetti, la fede, la comunità cristiana e civile. Pertanto cari fratelli e sorelle, prego per voi, vi incoraggio a perseverare nel nostro cammino non semplice di questi giorni: vi chiedo di custodire e aver cura di voi stessi, della vostra mente e dell’anima. Inoltre nell’essere non solo “buoni cristiani ma anche onesti cittadini” non manchi quella responsabilità civile e l’obbedienza alle indicazioni che ci sono date anche da chi ci governa.

 

Vi benedico di cuore con affetto. don Federico

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