Pubblicato il 22 agosto 2021 · Categorie: Comunicazioni

ASPREGH

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo ad una svolta, Papa Francesco lo ripete da anni: non un’epoca di cambiamento ma un cambiamento d’epoca nel quale ancora talvolta annaspiamo e che fatichiamo a capire. La velocità dei mutamenti, l’assuefazione a nuove tendenze e mode accattivanti ma spesso vuote di senso, ci allettano e conquistano promettendo “barlumi di gioia, ma non l’Infinito che riempie il cuore” (Papa Benedetto XVI). Orientamenti discutibili di pensiero hanno presa franca su noi, così come il primato dei propri interessi a discapito di una fattiva solidarietà e fraternita verso gli altri rischia spesso di tradursi in atteggiamenti e pensieri che consideriamo ormai normali nel nostro vivere, ma che di cristiano hanno ben poco o nulla…

Eppure, in questi giorni, se prima ancora della fede e dei valori cristiani ci è rimasto un pizzico di umanità, sicuramente siamo “morsi dentro dallo strazio e dall’inquietudine” – quasi un pugno allo stomaco che ci ha tolto aria dai polmoni – di fronte alle immagini e notizie sconcertanti di cui siamo testimoni. Anzitutto il dramma che sta vivendo il martoriato popolo afghano, di cui ancora fatichiamo a comprendere fino in fondo la portata: devastante la sequenza del video dei bambini passati oltre il muro e il filo spinato da mamme e papà ai soldati americani e inglesi appostati a guardia dell’aeroporto di Kabul, così come gli spari dei talebani sulla folla, gli arresti di persone innocenti, i diritti umani violati. E poi le immagini del terremoto che lo scorso 14 agosto ha colpito ancora Haiti, generando una nuova emergenza nel paese, il più povero dell’America Latina. La conta dei morti e dei danni è drammatica: quasi 2.000 i morti e oltre 10.000 i feriti, secondo i dati della Protezione Civile Haitiana (che specifica essere parziali). A questo si aggiungono oltre 37.000 abitazioni distrutte, 47.000 danneggiate e oltre 115.000 famiglie che hanno urgente necessità di aiuto. E poi le notizie di “casa nostra”: dal numero dei contagi e malati di Covid in ripresa con gli inviti sia di Papa Francesco che del nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a vaccinarsi come “un dovere, un atto d’amore per le persone più deboli”. Ma anche lo smantellamento del campo che ha ospitato in questi giorni il Rave party dove un giovane ha perso la vita e tanti altri se la sono rovinata facendo uso di alcol e droghe. E poi le tante altre notizie di cronaca che non mancano mai…

 

Ieri sera, spegnendo la TV al termine del TG, mi chiedevo: “E io cosa posso fare, Signore? Noi cristiani, tua Chiesa, come ci poniamo di fronte a tutto questo?”. Mi risuonavano in mente le parole di Gesù nel discorso escatologico del Vangelo di Luca sugli ultimi tempi e la fine del mondo, quando dice che “dovranno accadere tutte queste cose ma non sarà subito la fine…

Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime!” (Lc 21,19). E allora mi pare di poter dire umilmente che, anche davanti a ciò che sembra insuperabile e oltre le nostre capacità umane, è possibile – anzi doveroso – perseverare “per salvare l’anima” e ci è chiesto di farlo vivendo tre atteggiamenti semplici e propriamente cristiani: la speranza, la fede e la preghiera. Noi siamo quelli che sperano, che credono, che pregano. La nostra speranza non è un irenico ottimismo, ma è l’ardire coraggioso di chi crede che insieme si può camminare e provare ad aggiustare il nostro mondo malato, perché Dio sarà al nostro fianco, certamente e prontamente accanto a noi a darci la carica e il fuoco dell’amore! Noi siamo quelli che credono che Gesù è venuto a portare nel mondo il Suo Regno di amore, di giustizia e di pace, ad insegnarci che odio e violenza, guerre, idoli e droghe inducono a lasciarsi irretire in una spirale di odio, violenza e male che avvelena la vita e progressivamente la spegne, causando soltanto dolore, a sé agli altri. Noi crediamo nella forza dell’amore del Signore da cui “nulla ci può separare” (Rom 8). Noi siamo quelli che pregano: tante volte viviamo nell’impotenza di fronte a tragedie e drammi più grandi di noi, ma le occasioni per vivere la solidarietà concreta attraverso qualche gesto di rinuncia e soprattutto l’arma invincibile e potente della preghiera sono il modo con cui riconosciamo che la salvezza viene da Cristo e da Lui Crocifisso e Risorto! Noi crediamo che ogni preghiera, anche quella che pare ai nostri occhi più inutile e inascoltata, trova invece posto nel cuore di Dio e di Cristo, ed è lo Spirito Santo a presentarla davanti a loro. Viviamo così questo tempo. Proprio come fanno i cristiani. Sperando, fidandoci, pregando.

                                                                                                                                                                                                         don Federico

Commenti chiusi.